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Vele, Tonni e Scimitarre, di Paolo Cau
Di Redazione (del 05/02/2011 @ 15:36:45, in Editoriale, linkato 1465 volte)
Il 10 luglio scorso è stata inaugurata a Cagliari, presso il Lazzaretto di Sant’Elia, la mostra “Vele, Tonni e Scimitarre” che prende spunto da alcuni, in realtà pochissimi, riferimenti alla Sardegna presenti nelle opere di Emilio Salgari, molto più noto e letto nei suoi cicli di romanzi “malesi”, “africani”, “western” e così via, o ambientati in un’Australia ancora nell’infanzia della sua storia, o infine fantascientifici. Essenzialmente, gli scritti salgariani dove terre e figli della Sardegna hanno parte da protagonisti sono due: il romanzo “Le Pantere di Algeri”, e un opuscolo divenuto introvabile anche in antiquariato librario, “La pesca dei tonni”. Il primo è ambientato tra Cagliari, Sant’Antioco, San Pietro e, naturalmente, l’Algeria. L’eroina principale è una giovane nobildonna che viene rapita dai corsari nordafricani dal suo (inesistente nella realtà) castello di Santafiora, e che il devoto fidanzato, il Barone di Sant’Elmo, un Cavaliere di Malta, riesce a liberare dopo una serie di animate peripezie. Il secondo si potrebbe definire un “documentario cartaceo”, perché, basandosi su studi enciclopedici e su impressioni e su “sentito dire”, il bravo compositore di romanzi avventurosi (che mai viaggiò fuori dell’Italia settentrionale) descrive una tonnara che egli ambienta non, come avrebbe potuto, a Carloforte, ma, sembrerebbe, tra Bosa e Alghero, aggiungendo pennellate sui pescatori sardi alti, larghi di spalle, muscolosissimi, bruni come Africani… Il percorso della mostra, che inizia con una porta d’ingresso costituita da una tenda che riproduce la copertina a colori di quest’ultimo scritto, si avvia proprio sulle tonnare: vi si può vedere una carrellata di fotografie dell’ultima mattanza carlofortina, scattate da Giovanni Manca, e anche un filmato degli anni ’60 sullo stesso argomento. Nell’avventura tra “vele e scimitarre” si entra invece nella sala successiva: qui, dipinti di battaglie navali tra Cristiani e Barbareschi, modellini di navi, ritratti di famosi Cavalieri di Malta della stessa epoca dell’immaginario fidanzato della Contessina di Santafiora (prima metà del ‘600, dice la trama de “Le Pantere”) e armi bianche e da sparo, rigorosamente a pietra focaia. Appena più in fondo, si sentono da dietro una tenda grida, spari, tintinnii di metallo: una saletta cinematografica arredata con comodi sedili “orientali” cubici ben imbottiti dove si possono vedere spezzoni di film di pirati degli anni ’40 e ‘ 50 e stralci dai vari “Sandokan” televisivi. Il piano di sopra offre ancora sorprese: uno schermo interattivo su cui si possono “sfogliare” le pagine di una versione a fumetti de “Le Pantere di Algeri” del lontano 1955, gioielli nordafricani, cartine della Sardegna dei secoli passati, e suggestivi dipinti con scene di vita maghrebina di Donatella Ribezzo.